Acicastello:
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"Vetusta", "antichissima" …
già nel lontano passato tutti i documenti hanno
qualificato con tali aggettivi la cittadina di lunga
storia ai piedi della rocca che si protende sul
mare: era, all'inizio del millennio appena
trascorso, un Castello (un borgo fortificato), anzi
il Castello della vasta Città di Aci che si
estendeva per largo tratto della costa etnea lungo
le pendici dell'Etna e che nel 1092, quando Ruggero
il normanno dopo l'intermezzo arabo ricostituì la
diocesi di Catania, fu affidata alla guida del
vescovo bretone Ansgerio. |
Proprio i Normanni avrebbero
legato il loro nome nella tradizione al Castello, del resto
le loro caratteristiche di popolo guerriero meglio si
attagliano a battezzare questa rupe inespugnabile (almeno
finché si combatté senza usare le armi da fuoco) perché
protetta dal mare quasi da ogni vento ed unita da ponente
alla terraferma con lave difficilmente praticabili.
Alla base della rupe un posto
di guardia selezionava i visitatori che, dopo la rituale
rampa di scale, dovevano passare il ponte levatoio prima di
salire nel vero e proprio maniero. Più giù il mare, nel lato
nord, presentava un comodo, relativamente sicuro ed
esclusivo attracco per le barche che lo rifornivano o erano
impegnate a portare carichi preziosi in cima.
Le altre caratteristiche di
Castello medioevale derivavano a questa Terra dalla cinta
muraria che s'apriva a semicerchio con un raggio di circa
400 metri dalla rupe. I pochi merli ancor oggi rimasti
testimoniano la forza della struttura che offriva due porte
d'ingresso: porta Catania a sud e porta Messina a nord.
Il Castello nel tempo accolse
alcuni fra i Re che governarono la nostra Sicilia e fu a
lungo concesso in feudo nonostante i catanesi, gelosi di
quel tempio che aveva nel 1126 accolto le reliquie della
loro Santa, chiedessero al Re Alfonso nel 1433 di non cedere
più la bellizza di tali juyellu quali esti lu castellu et
locu di jachi a questo o quel barone.
Il 3 agosto del 1531 proprio
nel Castello e nella sua cappella, fu celebrato l'ultimo
passaggio di potere dal barone al demanio reale.
I rappresentanti delle
contrade acesi avevano convinto (naturalmente con grosse
somme di denaro) il Re a dare loro autonomia gestionale ed
il fulcro di questa vita nuova della città fu Aquilia,
l'odierna Acireale.
Lì furono trasferite tutte le
attività della Corte cittadina, mentre il Castello rimase
solo una contrada di periferia, perdendo poco a poco il
fulgore passato e conservandolo solamente nello stemma della
città che, fino ad oggi, molte Aci mantengono con orgoglio.
Sul maniero rimase il
Castellano, un funzionario spagnolo direttamente dipendente
dal Re (e naturalmente ossequiato da tutta la Città), con
una piccola guarnigione che, più che altro, vigilava sui
carcerati più pericolosi della zona.
All'interno delle mura, ormai
in caduta libera, le poche case offrivano riparo ad un
centinaio di persone che si stringevano attorno alla
chiesetta di S. Mauro il cui culto diveniva la base per la
crescita della nuova comunità.
Nel 1647 la terra del
Castello si staccò di fatto dalla vecchia Aci grazie a
Giovanni Andrea Massa, nobile genovese che si era
impadronito di molti feudi della zona sud dell'Etna a
ridosso di Catania (S. Gregorio, S. Giovanni La Punta, S.
Pietro, Mascalucia etc.) ed aveva pensato di completare il
suo Stato con l'acquisizione della marina castellese che gli
apriva la possibilità di un commercio via mare tutto suo.
Il duca Massa entrato in
possesso del feudo cercò di renderlo funzionale ai propri
interessi: tirò su un bel palazzo (dove non andò mai ad
abitare) ma soprattutto costruì magazzini, cantina e fondaco
per sviluppare le sue attività commerciali.
Il resto (scaro, popolazione
e strutture) già da secoli erano in attività: bisognava
rendere autonoma amministrativamente quella gente che già da
tempo, staccata dal resto della città di Aci formava una
contrada popolata e con proprie tradizioni.
Nacque così l'Università del
Castello di Aci e furono reperiti in loco gli uomini
(giurati, giudice, capitano di giustizia) che governarono la
nuova cittadina.
Intorno al 1748 fu creata in zona allora periferica la
Chiesa di S. Giuseppe che nel tempo si è arricchita di
dipinti che fanno bella mostra di sé all'interno di una
struttura semplice ma ammiratissima nello splendido contesto
della Piazza del Castello in cui è stata tirata su.
Immediatamente dopo l'Unità
d'Italia la cittadina cominciò ad allargare i propri
insediamenti abitativi fuori dall'antica cinta muraria; nel
1887 quasi ai confini con il territorio di Trezza nacque il
cimitero fra le proteste dei proprietari del terreno che,
pur prefigurando nelle loro menti il suo futuro valore, non
pensavano minimamente al crollo agricolo della zona ed alla
trasformazione della società che proprio in quegli anni
Verga rappresentava nei Malavoglia.
E' oggi Aci Castello al
centro di un territorio costiero che attira gente o per il
turismo di vario tipo che gravita sui tanti alberghi della
zona o per lo svago giornaliero offerto dal mare (ormai
impera la moda dei bagni in ogni mese dell'anno) e dai tanti
locali con programmi variegati che si offrono alla gente
dell'hinterland etneo in ogni giorno della settimana.
Il Castello e la Piazza ai
suoi piedi (con il vicino municipio) continuano ad essere le
mete principali di coloro che non rinunciano alla
passeggiata fra mare, sole e panorami incantevoli ma anche
gli itinerari delle stradine interne offrono squarci
ammirevoli di lavori settecenteschi in pietra lavica o di
alberi secolari o di "altarini" fra i ciotoli e le basole di
Via Savoia o lungo quartieri e vie che naturalmente sboccano
a mare.
Sul Castello, storia e
panorama a parte, ci sono da ammirare un piccolo museo
civico e le splendide piante grasse dell'orto botanico che
fa bella mostra di sé nel giardino pensile.
La parrocchia è intitolata a
S. Mauro la cui chiesa, antichissima, è stata ricostruita
nel 1961 dopo che un bombardamento l'aveva distrutta (ad
eccezione del campanile, eretto nel 1767) il 21 luglio 1943. |